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18 Set 2024

“Upgrade” sostenibile, presto e bene

Sviluppo locale e destinazioni turistiche: c’è bisogno di immaginazione.

Le sfide dello sviluppo

A livello di business e sviluppo sostenibile più in generale sono sostanzialmente cinque le sfide che i decisori pubblici e privati hanno di fronte:

  • come gestire la rottura o modifica della globalizzazione con aumento delle tensioni internazionali e dei costi
  • come affrontare l’impatto accelerato del cambiamento climatico con aumento delle minacce per persone e attività ma tendenzialmente anche dei costi
  • come agire di fronte alla diffusione dell’intelligenza artificiale con la formidabile portata di opportunità e rischi e una radicale “redistribuzione del capitale e del lavoro” che può arrivare a gravare su libertà di scelta e futuro (cfr. Draghi, 2024)
  • quali decisioni prendere quando la curva demografica dei giovani in età 18-35 anni è in diminuzione più della riduzione media della popolazione di un territorio, rendendo più complicato e fragile ogni progetto di sviluppo locale e di destinazione turistica efficiente
  • “last but not least”, come conoscere e intervenire rispetto ai nuovi comportamenti sociali e ai nuovi stili di vita e di consumo a volte repentini, altre volte striscianti, ovviamente connessi a tutte le altre sfide ma sempre più influenti sul business di qualunque … influencer.

Rispetto a tutto ciò il mitico approccio data driven è indispensabile ma talvolta insufficiente, generico o in ritardo sull’attualità dei dati quando non “inquinato” da un’informazione che può essere ingenua o distorta (cfr. Harari, 2024).

C’è bisogno di immaginazione

“Upgrade” significa letteralmente evoluzione. Nello sviluppo locale e in quello delle destinazioni turistiche è certamente evoluzione di più fattori di sviluppo.
Per fare “upgrade presto e bene” serve immaginazione della vita delle persone e del futuro che ci riguarda, insieme con buone competenze tecniche e manageriali nel pubblico e nel privato.
L’immaginazione, tuttavia, è parente stretta del Piccolo Principe di Antoine de Saint-Exupéry: esiste ma non si vede. Di fronte a sfide imponenti “l’essenziale è invisibile agli occhi” e “non si vede bene che con il cuore”.

L’immaginazione è un problema serio, farla lavorare nei processi decisionali e sociali è il modo per renderla visibile e apprezzabile oltre ad essere la dimostrazione del bene che vogliamo a noi stessi e ai territori. “Ogni progetto prima di essere definito è stato immaginato” (Ciampi, 1998).

Non è quindi più sufficiente un’idea vintage, più o meno rinfrescata, dello sviluppo locale e delle destinazioni turistiche.  La Vespa del boom economico degli anni ’50, ’60 e ’70 – che non a caso pubblichiamo all’inizio dell’articolo – non è più neanche comfort zone culturale ma solo una pallida ombra proiettata sulla ruvidezza delle insoddisfazioni sociali, dei salti tecnologici, degli estremi climatici, delle possibili crisi economiche e delle non-decisioni coraggiose.
In quei decenni, la “divisione del lavoro” – e quindi il possibile sviluppo – usciva direttamente della decisioni di Bretton Woods (il dollaro moneta di scambio universale) e poi da Yalta (le aree di influenza globali della potenze vincitrici sancite a febbraio del 1945) per essere via via plasmata dalle minacce della “guerra fredda” che però alimentarono inaspettatamente, apice Woodstock 1969, una voglia di speranza e ribellione che fu immaginazione all’opera e nuovo sviluppo per miliardi di persone.
Oggigiorno invece le sfide accennate nel paragrafo precedente – soprattutto emergenza climatica e intelligenza artificiale – sono incardinate tra i server piombati delle “big tech”, la sordità della carbon economy e l’arroganza delle “democrature” che si comportano indistintamente come fossero dei virus: l’unica missione è sopravvivere e prevalere.
Alimentare l’immaginazione delle persone e delle organizzazioni può ribaltare quel virus-tenaglia e può essere la risposta radicale e antifragile al declino e alla sottomissione della persona e dell’intelligenza collettiva. Infatti, l’immaginazione delle persone e delle organizzazioni non ha limiti né confini. Italianamente parlando è una scelta di “contropiede” o se si vuole di “abduzione fisica” delle menti e dei corpi alla portata di chiunque. Di ogni cittadino e operatore economico quindi di ciascun decisore pubblico e privato.
Da risorsa spontanea e a volte inconsapevole, l’immaginazione è/può diventare una scelta consapevole e organizzata.

Cosa vediamo nei dati

Per iniziare ad alimentare immaginazione, i dati statistici sulle economie locali ci informano che lo sviluppo nei territori in più parti del Paese è in difficoltà.  Per esempio:

  • il saldo imprenditoriale è divenuto negativo quando solitamente erano di più le imprese neonate rispetto a quelle cessate
  • il valore aggiunto cresce meno del previsto o regredisce per perdita di competitività, minore poter di acquisto della “classe media” e probabilmente per policy e processi di innovazione, anche quelli basati su fondi POR, che non sono al passo con le sfide
  • le competenze tecniche più evolute sono rare – ricercatori, designer, data scientist, data analyst, code developer e engineer, ma anche archeologi, filosofi, narratori, etc. – perché i giovani non si riconoscono nelle scelte fatte per loro dagli adulti e giustamente vanno laddove l’immaginazione genera nuovi lavori e nuovi modi di vivere
  • le crisi internazionali disarticolano le filiere distributive dopo averlo fatto con quelle di approvvigionamento aumentando costi produttivi e logistici
  • l’adattamento climatico – unica risposta razionale e concreta al cambiamento climatico che sia governabile dai decisori locali – è ancora e inspiegabilmente assente dalle “agende” dei territori italiani e quindi la minaccia degli estremi climatici è divenuta inquietante e minacciosa per lo sviluppo
  • l’intelligenza artificiale dilaga in modo virale e carsico incrementando le opportunità che non vediamo e/o i pericoli che non decifriamo, fattori ostativi dello sviluppo accelerati da competenze nel pubblico e nel privato ancora inadeguate
  • etc.

Analogamente, i dati statistici e online sul turismo in Italia, definitivamente legati a quelli climatici se adottiamo il punto di vista dei clienti finali, ci informano che le destinazioni italiane – balneari, montane, città d’arte, rurali, borghi storici, etc. – hanno performance modificate o al di sotto delle aspettative. La domanda di viaggio e vacanza infatti “ha appreso” come regolarsi o difendersi proprio dagli estremi climatici e da altri fattori critici conseguenti.

Per esempio:

  • i turisti stranieri evitano sempre più i mesi di alta stagione in Italia, luglio e agosto non fanno più il pieno e i flussi si sono redistribuiti in altri mesi dell’anno nei quali però i servizi non sono adeguati all’aumentata richiesta di ospitalità e accoglienza
  • le presenze dei turisti italiani sono mediamente in diminuzione ovunque, salvo nel cosiddetto “business to local”, per il sommarsi dell’aumento delle vacanze in outgoing insieme con le note difficoltà di reddito di altre fasce di popolazione
  • le altre destinazioni europee invece si stanno organizzando (p.e. Spagna, Francia, Paesi Bassi, Scandinavia, Scozia, Irlanda, etc.) per accogliere più viaggiatori locali e stranieri, operando con fantasia e molta professionalità sulla nuova domanda turistica climate-sensitive.

Inoltre, e in base a questi fatti oggettivi già riscontrabili da un paio d’anni, le grandi OTA internazionali e i maggiori gruppi alberghieri hanno integrato il climate change nei propri modelli di business trattandolo come una variabile strategica strutturale e accentuando così ulteriormente l’inadeguatezza di policy e strumenti delle destinazioni turistiche italiane.

Da parte sua, il cliente-turista come accennato impara a scegliere anche in base al clima, non solo perché sensibile e informato ma anche perché è aiutato da piattaforme online world wide che gli permettono di programmare integrando dati tra la destinazione immaginata e le predizioni di temperature, clima e rischi di soggiorno per il periodo ricercato.

Per usare un claim di successo, la “grande bellezza” è necessaria ma non più sufficiente: decidere e scegliere dove e quando venire in vacanza nel nostro Paese dall’estero è in correlazione stretta con l’innovazione dei servizi di destinazione, la loro qualità assicurata nel tempo e con l’informazione climatica e i provvedimenti di adattamento climatico per i cittadini e gli ospiti.

Cosa proponiamo per sviluppo locale e destinazioni turistiche efficienti

Come scritto, all’inizio di questo articolo, affrontare le nuove sfide e relative trasformazioni si può fare facendo “upgrade” di approccio, mentalità, scelte e strumenti.
“Upgrade” è pertanto investire in “immaginazione della vita delle persone e del futuro che ci riguarda”.

Una prima traccia operativa per fare immaginazione insieme con decisori pubblici e privati può essere:

  • disponibilità di informazioni e confronti adeguati
  • coinvolgimento diretto degli operatori economici e dei giovani del territorio nelle policy di adattamento climatico
  • coinvolgimento e ascolto di clienti e cittadini insieme con le principali risorse del territorio nelle policy di sostenibilità
  • collaborazione strutturata tramite maggiore condivisione di dati di mercato e di dati organizzativi interni ed esterni (NB.: da dove altrimenti la diffusione delle buone pratiche?)
  • scelte di “immaginazione del futuro che ci riguarda” che siano inedite, estratte dai suddetti processi di coinvolgimento e basate su dati aperti, aggiornati e accessibili online per gerarchie concordate di utenti
  • governance per sviluppo e per destinazioni efficienti che sia diverse dall’ampollosità e dalle forzature conservative del passato e perciò più snelle, partecipate, trasparenti, vicine a ogni cluster di stakeholder e tenute assieme da fattori comuni condivisi
  • piani di marketing che mettano in opera adattamento climatico come plus competitivi delle specificità dei territori e delle destinazioni, perché piani senza quel fattore comune sono privi di credibilità nei diversi settori economici e non solo nel turismo
  • indicatori e metriche di controllo stabilite e concertate dalle suddette governance snelle e trasparenti
  • coraggio di esplorare e fare cose nuove, le uniche che possono tutelare davvero identità, luoghi, “beni comuni”, prodotti e futuro perché il “fare come sempre è stato fatto”, cioè l’innovazione negata, può essere letale per lo sviluppo.

Fateci sapere se siete d’accordo e da dove volete iniziare il vostro “upgrade” personalizzato.

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Beppe Giaccardi